Si chiamano Ebrima, Ibrahima e Mamadou i tre ragazzi del Senegal che dalla settimana scorsa sono arrivati a vivere a Fumane, dopo la richiesta alle parrocchie fatta da papa Francesco per aiutare nell’ospitalitá dei rifugiati richiedenti asilo. Insieme ad un quarto ragazzo, Omar del Gambia, sono stati ospitati in una casa di Fumane, grazie a un progetto gestito dalla Caritas diocesana e quella fumanese.
Abbiamo intervistato il presidente del Basket Fu.Sa, Damiano Conati, che ci racconta dell’iniziativa di invitarli a giocare a pallacanestro.
“Stiamo parlando di 4 ragazzi tranquilli, che dopo viaggi incredibili e un periodo in case di accoglienza a Verona, ora hanno trovato una casa tutta per loro. E è giusto dare una degna accoglienza”.
Però nella società odierna c’è tanta paura e scetticismo davanti a iniziative così…
“È vero perché lo straniero è stato dipinto da alcuni politici e dai media come un qualcosa di pericoloso. Ma come sempre si tende a generalizzare. Però se viene accompagnato, seguito e accolto non può fare del male”.
Così li avete invitati a basket.
“Ma certo. E perché no? Si tratta di ragazzi giovani che del paese non conoscono nulla e che fanno fatica con la lingua. Perché non proporre loro un allenamento settimanale, anche per integrarsi maggiormente con gli altri cittadini?”.
Complimenti per l’idea.
“Macchè complimenti. Qui si parla di civiltà. Arriva un ospite e gli fai la proposta di giocare anche per conoscere nuove persone. Le classi delle nostre scuole elementari e medie sono piene di bambini con genitori stranieri. Ormai il futuro è questo qui ed è giusto lasciare le porte aperte per tutti”.
Come è nata l’idea del basket?
“Il nostro consigliere, Mario Riva, fa parte della Caritas paesana e quando è partita l’iniziativa di accoglienza profughi lui mi ha subito contattato per vedere se potevamo essere interessati. Io non ho esitato un attimo. L’accoglienza non è soltanto qualcosa di bello scritto sul Vangelo, ma va messa in pratica nella vita di tutti i giorni. Ho chiamato Carlo, l’allenatore della squadra over 40 di Fumane e lui ha accettato subito la sfida. Anzi lo ringrazio pubblicamente perché si è messo in gioco e ha accolto l’idea con entusiasmo, sfoggiando anche un invidiabile inglese”.
Vuoi raccontarci un aneddoto del primo allenamento?
“A parte il fatto che i tre ragazzi senegalesi non sanno giocare a basket, ma non importa, va bene così, mi ha stupito il loro interesse per questa iniziativa. Quando lunedì sera sono arrivato a casa loro per portarli in palestra, erano agitatissimi. Ibrahima ha chiamato gli altri dal giardino e in fretta e furia si sono preparati. Sembrava fosse arrivato Babbo Natale in casa loro, tanta era l’agitazione di salire in macchina mia. Da lì ho capito che sono ragazzi normalissimi, che hanno la stessa voglia di giocare e di stare con gli altri che hanno i giovani italiani. E che basta davvero poco per farli sentire bene, nonostante siano lontani da casa e dalle loro famiglie. Lo sport serve anche a questo e sono felice che il Basket Fu.Sa possa dare queste opportunità e possa portare un esempio per i tantissimi giovani che giocano nella nostra società”.